martedì 16 agosto 2011

IN PRINCIPIO E OLTRE


Cari compagni
DALLE PAROLE AL MONDO CREATO E ALLA SOCIETÀ. LA GENEALOGIA DEL POTERE SECONDO GLI ANTICHI ANTENATI MAYA

QUESTO DISCORSO, TENUTO DAL SUBCOMANDANTE MARCOS IN UNA RIUNIONE DI POPOLI INDIGENI, E’ STATO PUBBLICATO DAL QUOTIDIANO MESSICANO "LA JORNADA"(16/8/2005).
TITOLO ORIGINALE: “DE CÓMO COMENZÓ EL MUNDO”

Siccome è la riunione delle organizzazioni e dei popoli indigeni, parliamo un po’ così, a modo nostro, come siamo soliti fra indigeni, fra popoli indigeni. E un po’ è la storia che raccontano i nostri antenati maya, di come cominciò il mondo. Dicono, perché questo raccontano, che al principio non c’era nulla e il mondo comincia quando compare la parola. Ma non è che la parola compare così; la parola, dicono gli antichi, comincia a pensare se stessa dall’interno, a riflettere. Attraverso la parola, i primi dei, che formano il mondo, cominciano a consultarsi fra di loro, si parlano, si mettono d’accordo, riflettono. E allora, visto che sono tutti d’accordo, si riuniscono, riuniscono il loro pensiero ed è allora che prende avvio il mondo. Così comincia tutto, con la parola che si pensa dall’interno, cioè che si riflette nel cuore, che è specchio dell’interno, per guardare ciò che siamo. E subito dopo, è la parola che incontra la parola.
Non combatte la prima parola, non vuole dominare, non vuole vincere l’altra parola; perché la prima parola che esce incontra una parola che è come una sorella, perché è uguale anche se differente. Ossia, ha la stessa radice, ma è ramo o foglia dell’albero del mondo. Ossia, la prima parola non era sola, ma c’era un’altra parola, e secondo questo pensiero, che è quello dei nostri antichi maya, il mondo comincia a nascere quando questa prima parola e questa altra parola si incontrano e non si litigano, si incontrano e si accordano per rispettarsi fra di loro e si parlano e si ascoltano.
Perciò c’è accordo, perché la parola prima non nasce sola: ha l’udito e con l’udito, ascoltando, è il modo in cui cominciano a crescere le prime parole perché trovano l’accordo, e le prime parole che si sono incontrate si sono messe d’accordo, e per prima cosa hanno pensato il mondo e poi lo hanno fatto. Cioè, non è che di per sé, essendo parole, si sono messe a fare subito il mondo, con i fiumi, le montagne, gli animali, la notte, il giorno, il sole, la luna e il mais, gli uomini e le donne, ma le prime parole prima hanno pensato il mondo e subito dopo lo hanno fatto.
Dopo, però, salta su qualcuno che dice che è migliore degli altri e vuole comandare, vuole avere di più e meglio degli altri, e allora quello che vuole comandare di più ruba agli altri, gli toglie con la forza quello che hanno; quello che si dice, li spoglia, gli toglie quello che possiedono. E dopo anche li domina e domina il loro lavoro, li spoglia di quello che producono, come si dice, li sfrutta. Così nacque chi ha di più e meglio. Non nacque perché sì e basta, ma a causa del furto e dello sfruttamento; e qui cominciò il problema, perché così come uscì fuori chi vuole dominare e domina, uscì fuori anche chi non si lascia dominare. E allora la storia del mondo è la storia di questa lotta fra quelli che vogliono dominare per imporre la loro parola e il loro modo, sottraendo ricchezze agli altri, e quelli che non si lasciano dominare, che si ribellano.
E quelli che si ribellano, che si chiamano ribelli, non è che vogliono essere quelli che dominano, ma vogliono che tutti siano pari, senza che ci sia chi ha di più e chi di meno. Senza che ci sia chi ha di più perché ruba e sfrutta e chi non ha perché è stato derubato e sfruttato. Vogliono, questi ribelli, che si sia tutti rami e foglie dell’albero del mondo, ognuno al proprio posto e al proprio modo.
Così raccontano i nostri antenati maya, gli indigeni maya, che per primi popolarono queste terre. E questo modo di cominciare del mondo lo hanno trasmesso ai loro figli e figlie e nipoti, da un tempo all’altro, da una generazione all’altra, ed è rimasto fra gli indigeni che hanno vari nomi e che hanno la loro casa nello Yucatán e in Guatemala, Campeche, Tabasco, Quintana Roo e qui, in questo nostro Stato che è il Chiapas. Ecco com’è successo che è rimasto a noi questo modo, e quindi anche noi, gli zapatisti, o neozapatisti, come ci chiamano, abbiamo questo modo: che prima pensiamo da dentro il mondo quello che bisogna fare e poi ne traiamo la parola e cerchiamo altre parole sorelle e vediamo se c’è accordo parlando e ascoltando, e così la parola si va facendo grande e anche il mondo che pensiamo si va facendo grande. Però non ci è toccato l’inizio del mondo, ma ci è toccato il momento in cui già c’è chi spoglia e sfrutta e chi si ribella e vuole la liberazione, e allora scegliamo di stare dalla parte di quelli che lottano per la libertà, dalla parte di quelli che sono dominati, derubati, sfruttati.
Dunque questa è la storia, già la conoscono i compagni e le compagne delle organizzazioni indigene perché da un pezzo camminiamo con loro. E insieme abbiamo visto che bisogna unirsi e trovare accordo, e così è nato quello che si chiama il Congresso Nazionale Indigeno. E si sono fatti accordi e marce e mobilitazioni, ma quelli che comandano e dominano non hanno voluto riconoscere la nostra parola di come siamo. Allora ognuno è tornato a pensare e sono nate nuove lotte per porre il nostro modo, anche se non lo riconoscono le leggi dei ricchi, e perciò speriamo che conversino un po’ con noi i fratelli e le sorelle che vengono da altre parti, da altri popoli indigeni e da altre organizzazioni indigene.
Queste parole del Subcomandante Marcos aggiunte ad un altra sua frase: Cammina chiedendo. Dovrebbero continuare ad accompagnarci sempre.

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